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Assicurazione obbligatoria per avvocati: CNF illustra gli sviluppi CNF, circolare 28.06.2013 n° 14 Consiglio Nazionale Forense, Circolare 28 giugno 2013, n. 14

29 luglio 2013

Consiglio Nazionale Forense, Circolare 28 giugno 2013, n. 14

L’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile dell’Avvocato (art. 12 della L. 31 dicembre 2012, n. 247)

Ill.mi Signori Avvocati
PRESIDENTI DEI CONSIGLI DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI
PRESIDENTI DELLE UNIONI REGIONALI FORENSI
LORO SEDI

Illustri Presidenti e Cari Amici,

come sapete l’art. 12 della legge n. 247/2012 obbliga l’avvocato a munirsi (oltre che di una polizza infortuni) anche di una polizza di assicurazione per la responsabilità civile; si tratta di un obbligo che, mentre per tutte le altre professioni diverrà attuale a partire dal 13 agosto prossimo, per la specialità della nostra legge professionale ci riguarderà concretamente solo a partire dal momento in cui il Ministero avrà determinato “(…) le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze” (art. 12, co. 5, l. cit.).

Poiché il Ministero dovrà stabilire condizioni e massimali minimi “(…) sentito il CNF”, quest’ultimo sta da tempo studiando il tema in vista della predisposizione di uno schema di clausole a guisa di contenuto minimo della polizza; tra queste, la previsione di un’ultrattività dopo la cessazione dell’attività professionale ed una retroattività, ambedue decennali, al fine di sterilizzare l’effetto delle clausole claims made.

Nel far ciò il CNF è supportato da un broker (AON) appositamente selezionato dopo una gara ad evidenza pubblica (europea) espletata recentemente. Inizialmente si era pensato alla stipula di una polizza collettiva da parte del CNF che riguardasse automaticamente tutti gli iscritti agli albi; i benefici sarebbero stati evidenti perché si sarebbero potute ottenere condizioni molto vantaggiose (si ipotizzava un costo per ogni iscritto di circa € 70 per una copertura sino ad un massimale di € 500.000) ma ciò avrebbe obbligato il CNF a pagare un premio non inferiore ad € 16/17 mln., da finanziare con contribuzione a carico di tutti gli avvocati in un contesto nel quale l’art. 12 sembrerebbe limitare l’iniziativa del CNF al riguardo alla stipula di sole convenzioni.

Ma l’idea della polizza collettiva non è detto debba essere abbandonata: l’art. 29 della legge non pone, infatti, limitazioni ai COA a tal riguardo; dunque, si stima rientri nella loro autonomia e facoltà la stipula di singole polizze collettive anche perché la loro potestà impositiva sembrerebbe non escludere la facoltà di includere nel contributo annuale una frazione di quota destinata specificamente al finanziamento del premio della polizza collettiva (la questione è attualmente all’esame del nostro Ufficio studi che presto darà il suo parere).

Il vantaggio di una polizza collettiva stipulata dai singoli COA sarebbe evidente perché potrebbero essere ottenute condizioni economiche molto favorevoli. Ancor maggiore sarebbe il vantaggio se la singola polizza collettiva rispecchiasse il contenuto di una convenzione di polizza collettiva che il CNF potrebbe senz’altro stipulare, ed ancora maggiore se detta polizza collettiva a contenuto uniforme (in quanto conforme allo schema tipo negoziato dal CNF) fosse stipulata (se non da tutti, almeno) da parte consistente dei COA; si potrebbe persino pensare ad un premio via via decrescente al crescere del numero dei COA che stipulano la polizza.

L’alternativa è – ferma l’autonomia dei COA che in nessun modo il CNF intende intaccare – quella della stipula da parte del CNF di una (semplice) convenzione quadro di polizza individuale.

Sarebbe importante che i COA – nell’attesa dell’analisi dell’Ufficio studi – manifestassero nel frattempo la loro opinione al riguardo soprattutto indicando l’eventuale gradimento per la stipula di una polizza collettiva conforme al contenuto di polizza collettiva negoziato dal CNF; in tal senso è gradito l’invio di osservazioni scritte, se possibile prima del periodo feriale, nelle quali – in aggiunta – potrebbe essere fatto il punto sulle iniziative concretamente già assunte da ciascuno a proposito dell’eventuale avvenuta stipula di convenzioni e delle condizioni negoziate.

Resto a disposizione per ogni chiarimento o approfondimento ed in attesa di conoscere la opinione degli organismi che presiedete.

Un cordiale saluto.

IL CONSIGLIERE TESORIERE
Avv. Lucio Del Paggio

LEGGE 31 dicembre 2012, n. 247

Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense. (13G00018) (GU n.15 del 18-1-2013 )

Art. 12  Assicurazione per la responsabilita’ civile  e  assicurazione  contro
                            gli infortuni
 
  1. L’avvocato, l’associazione  o  la  societa’  fra  professionisti
devono stipulare, autonomamente o anche per il tramite di convenzioni
sottoscritte dal CNF, da ordini territoriali,  associazioni  ed  enti
previdenziali  forensi,  polizza  assicurativa  a   copertura   della
responsabilita’ civile derivante  dall’esercizio  della  professione,
compresa quella per la custodia di documenti, somme di denaro, titoli
e valori ricevuti in deposito dai clienti. L’avvocato rende  noti  al
cliente gli estremi della propria polizza assicurativa.
  2.   All’avvocato,   all’associazione   o   alla    societa’    tra
professionisti e’ fatto obbligo di stipulare, anche  per  il  tramite
delle associazioni  e  degli  enti  previdenziali  forensi,  apposita
polizza a copertura degli infortuni  derivanti  a  se’  e  ai  propri
collaboratori, dipendenti e praticanti in conseguenza  dell’attivita’
svolta nell’esercizio della professione anche fuori dei locali  dello
studio legale, anche in qualita’  di  sostituto  o  di  collaboratore
esterno occasionale.
  3.  Degli  estremi  delle  polizze  assicurative  e  di  ogni  loro
successiva variazione e’ data comunicazione al consiglio dell’ordine.
  4. La mancata osservanza delle disposizioni previste  nel  presente
articolo costituisce illecito disciplinare.
  5. Le condizioni essenziali e i massimali minimi delle polizze sono
stabiliti e aggiornati ogni cinque anni dal Ministro della giustizia,
sentito il CNF.
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Iscrizione obbligatoria alla previdenza forense. La bozza di regolamento.

22 luglio 2013

Il regolamento ex art. 21, comma 9 della L. n. 247/2012, predisposto dall’apposita Commissione speciale della Cassa Forense, è attualmente all’esame del Comitato dei Delegati per la discussione generale.
Esaurita la discussione generale, il regolamento tornerà all’esame del Comitato dei Delegati per la discussione, articolo per articolo, con gli emendamenti eventualmente presentati e, quindi, per la definitiva approvazione.

Approvato il testo finale, lo stesso verrà inviato ai Ministeri Vigilanti per la approvazione definitiva di loro competenza.
L’iter interno al Comitato  dovrebbe concludersi entro l’estate.

http://www.ordineavvocatiisernia.it/Documenti/Cassa%20Forense%20bozza%20regolamento%20art.%2021%20L.%20247%20del%202012.pdf

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Guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e revisione della patente di guida

11 agosto 2011

Tra le diverse conseguenze pregiudizievoli della violazione dell’ art. 186 (guida in stato di ebbrezza) e dell’art. 187 CdS (guida in stato di alterazione dovuta all’uso di sostanze psicotrope) vi è quella della sottoposizione alla procedura di revisione della patente (art. 128 CdS).
La revisione, in generale,consiste nell’accertamento della persistenza dei requisiti psico-fisici ( mediante visita medica presso la commissione medica locale istituita presso le AUSL) e dell’idoneità tecnica alla guida (mediante esame tecnico).
Essa può essere disposta dalla motorizzazione civile o dal prefetto qualora sorgano dubbi sulla persistenza dei requisiti o dell’idoneità. E’ sempre disposta quando il conducente sia stato coinvolto in un incidente stradale che abbia determinato lesioni gravi alle persone e a suo carico sia stata contestata la violazione di una delle disposizioni del codice da cui consegue l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

Nel caso di contestazione dei reati di cui all’art. 186 e 187 CdS e` il prefetto a disporre che l’autore della violazione si sottoponga a visita medica presso la commissione medica locale.
La prassi contempla solitamente l’invio all’interessato di una comunicazione con la quale lo si invita a prenotare egli stesso la visita presso la commissione medica competente per territorio.
Pesanti sanzioni pecuniarie sono previste in caso di mancata sottoposizione alla visita.
L’accertamento sanitario è eseguito con i comuni esami clinici e con gli accertamenti specialistici e altre indagini cliniche e di laboratorio ritenute indispensabili (sangue, urine e finanche l’esame del capello con spese poste a carico dell’esaminato) al fine di stabilire se e fino a che punto il soggetto abbia fatto recentemente uso/abuso di alcolici o sostanze stupefacenti.
Le commissioni possono richiedere, ove lo ritengano opportuno, che l’accertamento dei requisiti fisici e psichici sia integrato da una specifica valutazione psico-diagnostica effettuata da psicologi abilitati all’esercizio della professione ed iscritti all’albo professionale.
L’esito della visita medica è comunicato ai competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri per gli eventuali provvedimenti di sospensione o revoca della patente.

CONSEGUENZE DELLA REVISIONE POSSONO ESSERE:

Sospensione a tempo indeterminato della patente di guida: (cioè fino a quando non si ottiene il nulla osta della commissione, che deve certificare l’avvenuto recupero dei prescritti requisiti), qualora risulti la temporanea perdita dei requisiti fisici e psichici di cui all’art. 119 C.d.S..

Revoca della patente di guida: quando il titolare non sia in possesso, con carattere permanente,dei requisiti fisici e psichici prescritti;

Riduzione del termine di validità della patente di guida: in pratica la commissione indicherà l’eventuale termine (inferiore a quella ordinario di validità) entro il quale effettuare il successivo controllo, cui è subordinato il rilascio o la conferma o la revisione della patente di guida.

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Perquisizioni ed ispezioni ad opera della Polizia Giudiziaria

22 giugno 2010

La polizia giudiziaria può procedere ad effettuare perquisizioni nelle seguenti ipotesi.

I) Nei casi previsti dall’art. 352 c.p.p.:

1) Nella flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l’evaso.
2) Quando si deve procedere alla esecuzione di un’ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 ovvero al fermo di una persona indiziata di delitto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizione personale o locale se ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 e sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono la emissione di un tempestivo decreto di perquisizione.

In tali evenienze la polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, nelle quarantotto ore successive, convalida la perquisizione.

N.B.: La norma attribuisce il potere di procedere alle perquisizione ai soli Ufficiali di Polizia Giudiziaria, tuttavia, nei casi di particolare necessità e urgenza, queste possono essere compiute anche dagli Agenti (art. 113 Disp. Att.).

II) Ai sensi dell’art.4 della L. 152/75.

In casi eccezionali di necessità e di urgenza, che non consentono un tempestivo provvedimento dell’autorità giudiziaria, gli ufficiali ed agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia possono procedere, oltre che alla identificazione, all’immediata perquisizione sul posto, al solo fine di accertare l’eventuale possesso di armi, esplosivi e strumenti di effrazione, di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazione a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo non appaiono giustificabili.
Nell’ipotesi di cui al comma precedente la perquisizione può estendersi per le medesime finalità al mezzo di trasporto utilizzato dalle persone suindicate per giungere sul posto (cd. perquisizione veicolare).
Delle perquisizioni previste nei commi precedenti deve essere redatto verbale, su apposito modulo, che va trasmesso entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica e, nel caso previsto dal primo comma, consegnato all’interessato.

III) Ai sensi dell’art. 41 del TULPS (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).

Gli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria, che abbiano notizia, anche se per indizio, della esistenza, in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti, non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute, procedono immediatamente a perquisizione e sequestro.

IV) Ai sensi dell’art. 103 comma 2 del DPR 309/90 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti)

…gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, nel corso di operazioni di polizia per la prevenzione e la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, possono procedere in ogni luogo al controllo e all’ispezione dei mezzi di trasporto, dei bagagli e degli effetti personali quando hanno fondato motivo di ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope. Dell’esito dei controlli e delle ispezioni e’ redatto processo verbale in appositi moduli, trasmessi entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, li convalida entro le successive quarantotto ore.
Gli ufficiali di polizia giudiziaria, quando ricorrano motivi di particolare necessita’ ed urgenza che non consentano di richiedere l’autorizzazione telefonica del magistrato competente, possono altresi’ procedere a perquisizioni dandone notizia, senza ritardo e comunque entro quarantotto ore, al procuratore della Repubblica il quale, se ne ricorrono i presupposti, le convalida entro le successive quarantotto ore.
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno proceduto al controllo, alle ispezioni e alle perquisizioni di cui sopra, sono tenuti a rilasciare immediatamente all’interessato copia del verbale di esito dell’atto compiuto.

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Spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope: conseguenze penali ed amministrative

27 Maggio 2010

L’art. 73 del d.p.r. 309/90 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) commina pene severissime per tutte le condotte connesse alla produzione, al traffico ed allo smercio o cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope (l’elenco delle quali è contenuto nella Tabella I allegata al cennato Testo Unico) .
E’ punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000 chiunque, non debitamente autorizzato, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope.
Tali sanzioni (art. 73, comma 1 bis) sono estese anche a colui che importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope, per uso non esclusivamente personale.
In breve, mentre è sempre penalmente punibile la condotta di chi produce, coltiva ovvero vende, consegna o cede ad altri anche a titolo gratuito una qualsiasi quantità o qualità di sostanze stupefacenti (fatta salva, a determinate condizioni, l’ipotesi della codetenzione per l’uso di gruppo), le condotte di acquisto, detenzione, ricezione, esportazione ed importazione delle stesse possono anche non costituire reato, bensì semplice illecito amministrativo, qualora poste in essere per uso esclusivamente personale.
A questo punto occorre soffermarsi sulla nozione di uso personale che costituisce lo spartiacque tra l’illecito penale e l’ambito dell’illecito amministrativo.
Anzitutto una precisazione: la legge non fornisce una chiara definizione dell’uso personale e si limita ad apprestare dei criteri-guida di natura indiziaria, demandando al magistrato giudicante di individuare se nel caso concreto detto uso sussista o meno.

In particolare si deve tener conto dei seguenti criteri legali (art. 73 comma 1-bis lett. a):

1)della quantità di sostanza, se inferiore o superiore ai limiti massimi fissati nelle apposite tabelle ministeriali.
2) alle modalita’ di presentazione della stessa;
3) di ogni altra circostanze dell’azione, comunque ritenuta significativa.

1) QUANTITA’: E’ il primo e più importante degli elementi da valutarsi.
La detenzione (o importazione, esportazione, acquisto o ricezione) di sostanze stupefacenti o psicotrope in quantità inferiore ai limiti massimi indicati nelle apposite tabelle elaborate dal Ministro della salute costituisce un indizio il più delle volte determinante per stabilire l’uso personale ed escludere il fine di cessione a terzi. La detenzione di quantitativi superiori è, al contrario fortemente indiziante, di un uso non esclusivamente personale.
Ma analizziamo più da vicino il contenuto delle tabelle, che sono ancora quelle approvate l’11 aprile 2006 con decreto del ministero della salute (11 aprile 2006).
Esse indicano per ciascuna sostanza la QUANTITA’ MASSIMA DETENIBILE (Q.M.D., espressa in mg di principio attivo) e la equivalente quantità in sostanza lorda (espressa in grammi o compresse): Eroina 250 Mg (pari ad 1,7 gr. di sostanza lorda ), cocaina 750 Mg (1,6 gr. di sostanza lorda), Cannabis Thc -Marijuana -hashish 500 Mg (5 grammi di sostanza lorda), Ecstasy 750 Mg (5 compresse in sostanza lorda), Anfetamina 500 Mg (5 compresse in sostanza lorda), LSD 0,150 Mg (3 compresse in sostanza lorda).

Il valore decisivo naturalmente è quello di principio attivo, mentre i valori di sostanza lorda hanno carattere largamente orientativo e possono servire ad una prima sommaria valutazione del materiale rinvenuto da parte degli operatori di polizia.

La sostanza stupefacente sequestrata deve, pertanto, essere sottoposta ad analisi qualitative e quantitative, per accertare la quantità di principio attivo.

Va tuttavia osservato che l’elemento quantità, pur decisivo, non ha valore di presunzione assoluta, tale da vincolare indissolubilmente il giudice.
Quest’ultimo, infatti, ben potrà ritenere la destinazione a terzi (ilcd. spaccio) anche in presenza di quantitativi esigui ed inferiori ai minimi previsti dai decreti medesimi; così come potrà ritenere l’uso personale per quantità superiori che non rivelino accumuli consistenti di droga prodromici rispetto a future cessioni (cfr. Cass 6, n. 17899/08, rv 239932; n. 19788/08; rv 239963; n. 27330/2008, rv 240526; n. 40575, rv. 241522).
Lo stesso consumatore potrà fornire prova dell’uso personale di quantità di sostanza superiori alla Q.M.D.

2) MODALITA’ DI PRESENTAZIONE
La modalita’ di presentazione sintomatica di un uso non esclusivamente personale è quella del cd. confezionamento frazionato o in dosi (solitamente il frazionamento fa ritenere, fondatamente, la destinazione alla vendita al dettaglio). Ad avviso di chi scrive si tratta di un criterio fuorviante. Infatti se è vero che la droga si vende in dosi frazionate è anche vero, di conseguenza, che essa si acquista e si consuma in dosi, per cui è probabile che anche il consumatore la detenga in questa forma.

3) ALTRE CIRCOSTANZE
Le altre circostanze della azione comprendono tutte le circostanze oggettive non codificate (modalità di custodia della droga, ritrovamento di sostanze di diversa natura, ritrovamento di quantitativi notevoli di sostanza da taglio e materiale idoneo al confezionamento in dosi, lame, bilancini di precisione ecc), idonee a supportare logicamente la destinazione della sostanza ad un uso non esclusivamente personale .
APPLICAZIONE DEI CRITERI
Come già evidenziato i criteri indiziari sopra descritti servono da guida al Giudice nel valutare l’eventuale rilevanza penale delle condotte di detenzione, acquisto, ricezione ed importazione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
In prima battuta, tuttavia, alcuni di essi tornano utili anche agli operatori di polizia per le prime determinazioni da assumere riguardo alla persona sorpresa a detenere, acquistare e/o trasportare la sostanza illecita.
Tenuto sempre fermo il sequestro (penale o amministrativo) della sostanza, le possibili opzioni sono tre e l’individuazione di quella applicabile al caso concreto dipende, appunto, dalla valutazione dell’agente di polizia in merito alla sussistenza o meno dell’uso esclusivamente personale. Tale valutazione va effettuata avvalendosi, per quanto possibile, dei criteri indiziari di cui ci stiamo occupando. E’ ovvio che, nell’impossibilità di conoscere nell’immediatezza del rinvenimento, la quantità di principio attivo contenuta nella sostanza posta sotto sequestro, assumeranno decisiva importanza gli altri criteri: il peso lordo, il frazionamento in dosi ed il numero delle stesse, le modalità di presentazione,il rinvenimento di sostanze o strumenti per il confezionamento ed il taglio, la presenza o meno degli ammennicoli solitamente connessi al consumo della sostanza ecc.

Le opzioni possibili sono, come dicevo, 3:

1) l’agente operante ritiene sussistere l’ipotesi di spaccio o di condotta finalizzata allo spaccio (art. 73 comma 1 T.U.);
2) l’agente ritiene sussistere l’ipotesi di spaccio o di condotta finalizzata allo spaccio, nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73 comma 5 (“Quando, per i mezzi, per la modalita’ o le circostanze dell’azione ovvero per la qualita’ e quantita’ delle sostanze, i fatti previsti dal presente articolo sono di lieve entita’, si applicano le pene della reclusione da uno a sei a anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000″).;
3) l’agente operante, ritiene sussistere l’uso esclusivamente personale.

Queste le conseguenze:
Nel caso sub. 1 (art. 73, comma 1, T.U) è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art.380, comma 2, lett. h c.p.p.) ed il sequestro probatorio della sostanza (art.253 c.p.p., da convalidarsi entro 48 ore da parte del PM).
Nel caso sub 2 (art. 73, comma 5 t.u.) “scatta” ipso facto la sola denuncia a piede libero ed il sequestro della sostanza. L’arresto in flagranza è facoltativo.
In entrambe le ipotesi non è infrequente il sequestro delle somme di denaro (sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 c.p. e 321 comma 2 cpp) di cui l’indagato sia trovato in possesso, se ritenute provento della contestata attività di spaccio.
Sussistendone i presupposti si può, qualora ritenuto opportuno, anche procedere al sequestro probatorio (per finalità di approfondimento investigativo) o preventivo del veicolo a bordo del quale è rinvenuto il corpo del reato.
Nel caso sub 3 (uso esclusivamente personale) non scatta alcuna conseguenza penale, ma la sola segnalazione del soggetto quale assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope alla Prefettura competente ai fini dell’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 75 T.U. La sostanza viene sottoposta a sequestro amministrativo (ex art. 13 comma 2 L. 689/1981).

Resta inteso che l’ultima parola sulla fattispecie da contestarsi spetterà comunque al magistrato, all’esito degli accertamenti di laboratorio sulla sostanza sequestrata.

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Attivati i Punti di Accesso ai servizi presso i Giudici di Pace del Circondario di Sant’Angelo dei Lombardi

19 Maggio 2010

E’ attivo dal mese di aprile il servizio Pass (Punto di accesso ai servizi dei cittadini) che consente di effettuare le richieste ed il ritiro dei seguenti certificati
: Carichi Pendenti, Iscrizione al Registro Notizie di Reato, Chiusura Inchiesta,presso gli Uffici dei Giudici di Pace di Sant’Angelo dei Lombardi,Lacedonia, Calabritto, Calitri, Montella .
In una fase successiva sarà possibile con le stesse modalità ottenere i certificati del Casellario Giudiziario anche presso i Comuni e gli Uffici Postali situati nel Circondario della Procura della Repubblica di Sant’Angelo dei Lombardi

IL COMUNICATO DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA

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Illegittima l’ipoteca iscritta da Equitalia se il debito del contribuente è inferiore agli 8.000 euro

11 Maggio 2010

Ha avuto vasta eco in rete la sentenza (n. 4077 del 22 febbraio 2010) con la quale la Corte di Cassazione a sezioni unite, ha dichiarato nulla un’iscrizione di ipoteca effettuata da Equitalia Polis per un credito di imposte dirette di valore inferiore ad € 8.000,00.
La decisione scioglie in maniera (si auspica) definitiva la problematica del rapporto tra i due strumenti che la legge (d.p.r. 603/1972) conferisce al concessionario (nella specie Equitalia) per la riscossione delle imposte e dei tributi iscritti a ruolo per mancato pagamento nei termini: l’espropriazione immobiliare e l’iscrizione di ipoteca.
Ed infatti, l’art. 76 del cennato d.p.r. consente al concessionario di procedere all’espropriazione immobiliare, ma solo se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera
complessivamente gli € 8.000,00 (ridotti a € 5.000,00 dall’art. 32, comma 7, lettera a) del D.L. 29 novembre 2008, n.185, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2).
Il successivo primo comma dell’articolo 77 prevede, invece, la facoltà per il concessionario di iscrivere ipoteca (cd. esattoriale) sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede.
Quest’ultima norma, a differenza dell’art. 76, non indica alcun limite di valore del credito.
Orbene parte della giurisprudenza di merito (Tribunale di Nola e, anche se non in maniera univoca, Tribunale di Napoli) muovendo da tale dato testuale e considerando autonomi, se pur collegati sotto l’aspetto funzionale, i due istituti, ha affermato l’inapplicabilità all’iscrizione di ipoteca del limite minimo di € 8.000,00 previsto per l’espropriazione immobiliare.
L’iscrizione di ipoteca esattoriale, si argomenta, oltre ad avere funzione preparatoria dell’espropriazione immobiliare, svolge anche un proprio autonomo ruolo di garanzia e soprattutto di “pressione” sul debitore (il quale è indotto al pagamento per ottenere lo svincolo del proprio bene) che favorisce il recupero del credito senza il ricorso al rimedio estremo dell’espropriazione forzata.
Ne discende l’autonomia dei due istituti e quindi delle norme che li disciplinano.
Alla stregua di tale orientamento, quindi, per crediti relativi ad imposte dirette di valore complessivo inferiore ad € 8.000,00, il concessionario, non può procedere all’espropriazione immobiliare (art. 76 d.p.r. 603/1972), ma può iscrivere ipoteca sui beni immobili del contribuente (art. 77 d.p.r. 603/1972).
Altro indirizzo, suffragato dalla sentenza in commento, ritiene sussistere uno stretto ed inscindibile nesso funzionale tra l’iscrizione dell’ipoteca e la successiva espropriazione immobiliare, nel senso che la prima sarebbe esclusivamente strumentale alla seconda e, come atto prodromico, sarebbe assoggettata alle medesime regole, ivi incluso il limite degli € 8.000,00 (oggi € 5.000,00).

TRIBUTI – RISCOSSIONE – IPOTECA – DEBITO DEL CONTRIBUENTE SUPERIORE AGLI OTTOMILA EURO – NECESSITÀ
In tema di riscossione delle imposte, le Sezioni Unite hanno affermato il principio secondo cui l’ipoteca prevista dall’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti per quest’ultima stabiliti dall’art. 76 del medesimo d.P.R., e non può, quindi, essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli ottomila euro.

Sentenza n. 4077 del 22 febbraio 2010

(Sezioni Unite Civili, Presidente V. Carbone e Relatore F. Tirelli)

In senso contrario:
Tribunale di Nola sez. I, sentenza n. 190 del 25 febbraio 2008; Tribunale di Napoli, sez. VIII, sentenza n. 4595/2007; Tribunale di Napoli, sez. V, sentenza n. 8618/2006, Tribunale di Napoli, sez. VIII, sentenza numero 30021/2005).

Conforme:Tribunale di Napoli, V Sez. civile, 29 marzo 2007, G.M.: dott. Giorgio Sensale.

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Infiltrazioni d’acqua e danno esistenziale

6 Maggio 2010

Su gentile segnalazione della collega Elisa Cresta, vorrei portare all’attenzione dei lettori del Blog una importante e, per certi versi, singolare decisone del Giudice di pace di Venezia, il quale ha riconosciuto (sent. n. 502 del del 15 dicembre 2009) il risarcimento del danno esistenziale (equitativamente liquidato in 1.000,00 euro) in favore di un condomino che aveva convenuto in giudizio la proprietaria del piano superiore a causa delle perdite di acqua proveniente dal bagno di questa.
Le infiltrazioni che ne erano seguite, protrattesi per ben 8 anni e culminate nell’ottobre del 2007 in un vero e propio allagamento causato dalla rottura di un tubo, avevano determinato diversi disagi a carico dell’attore, costretto – tra l’altro – a dividere la camera matrimoniale con le due figlie.
Secondo il Giudice onorario veneziano, gli eventi sopportati dal condomino danneggiato hanno provocato: «il mancato e pieno godimento dell’abitazione incidendo negativamente
sulle condizioni di esistenza e di abitazione dell’attrice e quindi su valori costituzionalmente garantiti e protetti»
. Nella vicenda il ruolo determinante oggetto della tutela è il rispetto del proprio domicilio, all’esistenza dignitosa, al rispetto della vita privata, compromessi – si legge in motivazione – con ogni evidenza dalla situazione dannosa creatasi nell’abitazione.
Ricordiamo che il danno esistenziale -per come il concetto emerge dalla giurisprudenza – consiste nella lesione di specifici interessi e valori costituzionalmente protetti dell’individuo (tra cui quello ad una serena esistenza familiare o al godimento di un ambiente salubre).
Si tratterebbe, in sostanza di un “tertium genus” di danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), accanto al danno biologico (lesione integrità psico-fisica) ed al dano morale (il dolore e la sofferenza d’animo transeunti determinati dal fatto dannoso).

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MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE NELLE CONTROVERSIE CIVILI E COMMERCIALI. D. Lgs. n. 29/2010: IL RUOLO DELL’AVVOCATO. Incontro di studio del 7 maggio 2010

1 Maggio 2010

MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE NELLE CONTROVERSIE CIVILI E COMMERCIALI.
D. Lgs. n. 29/2010: IL RUOLO DELL’AVVOCATO

– UNIONE REGIONALE DEGLI ORDINI FORENSI DELLA CAMPANIA

– CONSIGLI DEGLI ORDINI DEGLI AVVOCATI DI SANT’ANGELO DEI LOMBARDI E DI ARIANO IRPINO

Venerdì 7 maggio 2010, alle ore 15:30, in Sant’Angelo dei Lombardi, presso il “IL PALAZZO DEGLI IMPERIALE”, si terrà un incontro di studio

sul tema

MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE NELLE CONTROVERSIE CIVILI E COMMERCIALI
D.Lgs. n. 28/2010: il RUOLO DELL’AVVOCATO

I PARTECIPANTI POTRANNO CONSEGUIRE FINO A 3 (TRE) CREDITI FORMATIVI

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Principio di consumazione dell’impugnazione ed opposizione a decreto ingiuntivo.

30 aprile 2010

Il principio di consumazione dell’impugnazione è sancito dall’ art. 358 c.p.c. (“L’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è decorso il termine fissato dalla legge”) e dall’art. 387 c.p.c., (“Il ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto, anche se non è scaduto il termine fissato dalla legge”).
E’ pacifico, dunque, che il semplice fatto di aver notificato un atto di appello o ricorso per cassazione non determina la consumazione del potere di impugnazione, qualora non sia ancora intervenuta declaratoria di inammissibilità/improcedibilità.
Quid iuris, dunque, nell’ipotesi in cui la stessa parte abbia proposto, avverso la medesima sentenza, due successivi appelli, il primo dei quali inammissibile, senza tuttavia che, alla data di proposizione del secondo gravame, detta inammissibilità sia stata dichiarata?
Secondo una recente sentenza di Piazza Cavour, (Cassazione, Sez. III 30 marzo 2010, n. 7618) poiché il primo appello non ha determinato la consumazione del potere di impugnazione, l’appellante può proporre nuovo atto di gravame nel termine “breve” di 30 giorni, decorrente dalla notificazione della prima impugnazione, equivalendo essa alla conoscenza legale della sentenza da parte dell’impugnante (conformi Cass. civile , sez. II, 30 giugno 2006, n. 15082 in Giust. civ. Mass. 2006; Cass. 18.1.2006 n. 835; Cass. civile , sez. III, 27 ottobre 2005, n. 20912; Cass. civile , sez. I, 21 luglio 2000, n. 9569).
La sentenza in commento offre lo spunto per ricordare quegli arresti della Cassazione (sez. I, 23 ottobre 2008, n. 25621 e 22338/2004), che hanno affermato l’applicabilità dei principi in materia di consumazione dell’impugnazione anche all’opposizione a decreto ingiuntivo (da considerarsi, anche se latu sensu e da un punto di vista funzionale più che sistematico, come una vera e propria impugnazione del decreto stesso), inferendone la possibilità di rinnovare l’opposizione viziata o non seguita da rituale tempestiva costituzione in giudizio dell’opponente, se ancora pendente il termine fissato nel decreto ai sensi dell’art. 641 c.p.c..
In tale frangente ll Giudice dovrà, pertanto, limitarsi a dichiarare la improcedibilità dell’opposizione non seguita da costituzione o seguita da costituzione tardiva, ma non anche la esecutività del decreto opposto, essendo siffatta declaratoria preclusa dalla intervenuta proposizione di una ammissibile seconda opposizione entro il termine di cui all’art. 641 c.p.c…